Studio pagamenti Cribis terzo trimestre 2022. Imprese: rimangono stabili i ritardi gravi, a settembre a quota 9,1%. Inflazione, aumento costi dell’energia e aumento dei tassi potrebbero pesare sui pagamenti degli ultimi mesi dell’anno

Bologna, 18 ottobre 2022

Nel terzo trimestre del 2022 rimane stabile  l’incidenza dei pagamenti puntuali delle imprese italiane, confermando i risultati  raggiunti nel secondo trimestre dell’anno. 

L’incidenza dei pagamenti puntuali sul totale si attesta al 40,7%, in linea col  secondo trimestre del 2022 (40,6%) e in recupero sul 2020 (35,7%). L’incidenza  dei pagamenti in grave ritardo (oltre i 30 giorni dalla scadenza) sul totale arriva  a quota 9,1%, confermandosi significativamente migliore del 2020 (12,8%). 

È quanto emerge dallo Studio Pagamenti aggiornato al 30 settembre 2022 e  realizzato da CRIBIS, società del gruppo CRIF specializzata nella business  information. 

Nel terzo trimestre del 2022 si assiste al miglioramento della qualità dei  pagamenti sia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, che rispetto al  primo trimestre del 2019, pre-covid. I pagamenti puntuali crescono del 7,1%  rispetto al terzo trimestre del 2021 e del 16,6% rispetto al 2019. Concorrono a  formare la media imprese di diverse dimensioni, con ritardi gravi che variano a  seconda della grandezza dell’azienda, arrivando ad attestarsi al 4,0% nel caso  delle grandi imprese (oltre i 250 dipendenti).

Le macro-aree geografiche e le province 

L’analisi sulle macro-aree geografiche italiane conferma che il Nord Est è la più affidabile con il 47,8% di pagamenti puntuali, stessa incidenza del trimestre  precedente, e il 6,1% di ritardi gravi (era il 6,4% nel trimestre precedente). Un  trend che si conferma ormai da anni. Tra le regioni più virtuose spiccano,  decisamente sopra alla media nazionale, la Lombardia (50,6% di imprese puntuali), l’Emilia Romagna (48,0%), il Veneto (48,0%), il Friuli Venezia-Giulia  (47,1%). Sud e Isole continuano a mostrare le maggiori criticità, con il 28,1% di pagamenti regolari e il 14,6% di ritardi gravi, tuttavia in lieve miglioramento rispetto al trimestre precedente (quando i pagamenti puntuali e i ritardi gravi si  attestavano rispettivamente a 27,6% e 15,2%). Sicilia e Calabria, con il 24,2%,  Campania, con il 28,6% e Sardegna con il 29,4% sono le regioni in cui si paga  meno puntualmente. 

Spostando l’attenzione alle province, lo Studio pagamenti di CRIBIS mostra che la provincia di Sondrio si conferma al primo posto (63,1% pagamenti puntuali, molto sopra la media nazionale) seguita da Brescia (59,4% pagamenti puntuali).  In fondo alla classifica si posizionano la provincia siciliana di Trapani (21,1% di  pagamenti puntuali) e la calabrese Vibo Valentia (20,5%). 

I settori merceologici 

Per quanto riguarda i settori, lo Studio di CRIBIS indica fra i più virtuosi nei  pagamenti i servizi finanziari con una percentuale del 53,5% dei pagamenti  puntuali a fronte del 6,9% dei ritardi gravi; bene anche il settore manufatturiero  (44,8% dei pagamenti puntuali) e quello delle costruzioni (45,8% dei pagamenti  puntuali), con ritardi gravi rispettivamente nel 6,4% e 6,9% dei casi. Agricoltura  e commercio al dettaglio migliorano lievemente rispetto al trimestre precedente,  continuando tuttavia a risentire degli effetti dell’inflazione, degli aumenti dei 

prezzi delle materie prime, delle tensioni macroeconomiche e geopolitiche. In questi ambiti troviamo infatti la concentrazione più bassa di pagamenti puntuali  (38,1% e 30,8%) e la maggior incidenza di ritardi gravi (11,2% e 13,2%) sul  totale. 

Alla luce dei dati analizzati, il buon andamento delle tempistiche di pagamento  delle imprese italiane parrebbe essere in contrasto con la complessa situazione  macroeconomica e geopolitica attuale, caratterizzata da elementi quali lo shock  energetico, il continuo aumento dell’indice nazionale dei prezzi al consumo – che  secondo ISTAT a settembre si è attestato a +8,9% su base annua (+8,4% ad  agosto) – oltre che l’aumento dei tassi (+50 bps a luglio e +75 bps a settembre)  che la BCE ha varato principalmente al fine di contenere l’inflazione. Alla luce di  questi elementi potenzialmente negativi per le imprese, specialmente per le PMI,  sarebbe ragionevole aspettarsi un’influenza avversa sui termini di pagamento  delle imprese nei mesi finali dell’anno. 

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