Dati e Intelligenza Artificiale il presente e il futuro dell’healthcare. Un’opportunità di rilancio per l’Italia nell’assetto geo-politico.

Al Mind l’evento, organizzato dagli Studi Trevisan & Cuonzo e DigitalMediaLaws, ha fatto il punto sullo stato dell’arte tra privacy e IP.

 

Big Data e Intelligenza Artificiale (IA) sono questi gli “strumenti”, attuali e per il prossimo futuro, per efficientare e favorire la filiera health, ovvero per sfruttare al meglio le opportunità offerte dai milioni di dati clinici, sanitari, di ricerca scientifica e favorire il perfezionamento, l’innovazione e sviluppo di terapie e cure sempre più personalizzate. Ma il dato è anche mezzo prezioso per rilanciare l’Italia, rendendola più competitiva agli occhi dei concorrenti e del mercato, economico e finanziario, con un forte impatto anche sull’asse geo-politico. Sono questi alcuni dei temi discussi nell’evento dal titolo: “Dati sanitari tra privacy e IP: una sfida strategica per l’Italia”, nell’ambito del MIND (Milan Innovation District) tenutosi di recente nel capoluogo lombardo, organizzato dagli Studi Trevisan & Cuonzo e DigitalMediaLaws con i professori Oreste Pollicino e Giusella Finocchiaro e la partecipazione di maggiori operatori del settore.

 

Non c’è innovazione senza tecnologie e l’IA promette di cambiare sensibilmente, in positivo, l’approccio alla  “nuova” ricerca e medicina, mettendo tuttavia di fronte all’annosa questione di problemi regolatori a livello nazionale, europeo e internazionale, da cui anche l’health care non è esente. “Al contrario – spiega Gabriele Cuonzo, Managing partner di Trevisan & Cuonzo  – è coinvolto in prima persona gestendo dati, e trattamento degli stessi, per fini terapeutici: con l’IA si apre, pertanto, una nuova stagione che, oltre all’innovazione, deve confrontarsi con le normative sulla privacy europee e di paesi più “liberali” in termine di circolazione e sfruttamento dei dati come gli Stati Uniti, di automazione e algoritmi. Nuove fide e scommesse attendono la filiera dell’healthcare”.

Trattamento, protezione, utilizzo dei dati sono un trinomio indissolubile nella ricerca scientifica: tre fattori legati da un unico denominatore comune: la regolamentazione della privacy che non può trasformarsi in un limite all’innovazione, sempre più spinta all’IA, e che ha nei dati clinici e sanitari il suo punto di forza per la creazione di strumenti di medicina personalizzate e di precisione. “Dati – prosegue Cuonzo – di cui dovrà essere determinata la natura, ovvero se si tratta di dati personali o anonimi; analizzata la possibilità di pseudonimizzazione, “cancellando” cioè l’attribuzione al singolo, fatto salvo l’utilizzo di informazioni aggiuntive, e se tale processo sia irreversibile oppure no, valutato l’enorme patrimonio che possono rappresentare per la cura e l’economia in termine di produzione e lo sviluppo di nuove terapie da parte dell’industria farmaceutica”.

La personalizzazione della cura sarà il concetto e l’obiettivo dominante. Declina l’approccio di “medicinale pass-partout”, valido per una ampia classe di pazienti e per più patologia, a favore di terapie “su misura” per la specifica persona e il suo bisogno clinico e innovative, ad esempio a forte componente genetica o basate su molecole frutto di una interazione di più componenti scientifiche, biotecnologie, tecnologie digitali, nanotecnologie, materiali innovativi. Un cambio di paradigma che richiede l’analisi di un volume estremamente significativo di dati, la necessità di ripensare le forme di tutela giuridica, anche in termini di proprietà intellettuale (IP). “Il diritto di utilizzo del dato da parte di specifici soggetti o i diritti di privativa, tematiche comunque rilevanti in ambito di IP – sottolinea ancora l’Avvocato – dovranno confrontarsi con nuove necessità, quali i limiti del trattamento del dato, la conservazione o l’anonimizzazione dello stesso. Aspetti che segnano una rottura di paradigma rispetto agli attuali approcci, incentrati per lo più su specialismi chiusi, verso la combinazione e contaminazione di più expertise”. Basti pensare che nuove terapie, rispetto alle molecole tradizionali sviluppate dalla ricerca chimicofarmaceutica e medica, saranno il prodotto di un team di diverse figure professionali: chimici, biologi, ingegneri elettronici, specialisti in nanotecnologie, data expert e clinici. Tale contaminazione si rifletterà anche in ambito giuridico, dove saranno richieste competenze molto più eterogenee, tra cui quelle di esperti di privacy e di dati.

Il nuovo assetto che sta ponendo al centro ospedali e enti di ricerca, sono una occasione “da non perdere” per il nostro Paese. Gli ospedali, detentori di dati dei pazienti necessari a produrre le terapie, rappresentano una “connessione” diretta e/o di interazione con le aziende farmaceutiche: un asset che (ri)mette in gioco anche l’Italia, in termini di competitività. Il nostro Paese dispone infatti di grandi e numerose strutture ospedaliere di eccellenza, repository di enormi quantità di dati. Un aspetto rilevante in grado di rimettere in assetto alcuni equilibri, anche geo-politici: come ha dimostrato l’esperienza del Covid, “possedere” una terapia può rappresentare uno straordinario vantaggio, oltre che per la salute dei pazienti di quel Paese, anche finanziario e geopolitico. “Tale considerazione positiva, si scontra con una importante criticità di “normativo” – dichiara il Prof. Oreste Pollicino, DigitalMediaLaws – gli Stati Uniti hanno vincoli minori rispetto all’Europa circa la circolazione dei dati, e dunque una enorme quantità di dati, serbatoio di investimento per la tecnologia terapeutica del presente e del futuro, è più facilmente fruibile e accessibile da parte degli stakeholders. “Libertà” che segna un vantaggio competitivo rispetto all’Europa ed in particolare l’Italia che invece ha una regolamentazione più rigorosa, a partire dal GDPR (Regolamento Generale sulla protezione dei dati) che rallenta e a volte arresta anche forme virtuose ed essenziali di utilizzo del dato”.

 

“Disporre di un numero elevato di dati – continua il Prof. Pollicino – è fondamentale per ottenere risultati affidabili nel campo della ricerca medica. In questo senso, le Pubbliche Amministrazioni e gli istituti di ricerca rappresentano autentiche miniere di dati che hanno un intrinseco valore economico se sfruttati nel loro insieme: questi database, ancor più se inseriti in un processo virtuoso di digitalizzazione, possono essere delle opportunità di sfruttamento economico a beneficio della collettività e del mercato. L’obiettivo di valorizzazione dei dati può essere ottenuto attraverso diverse attività che devono coinvolgere l’intero settore sanitario: contratti con enti pubblici e privati, potenziamento delle politiche brevettuali e capacità di sfruttare commercialmente l’attività di gestione e concessione delle licenze. Oggi è più che mai necessario un attento monitoraggio delle banche dati esistenti –conclude il Prof. Pollicino- nel cui processo l’IP può svolgere un ruolo decisivo per trasformare i dati in veri strumenti di sviluppo per l’economia italiana e di collaborazione proficua tra pubblico e privato”.

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