Enti di formazione per mediatori? Solo se fanno questo in esclusiva Ma perché?

Giuseppe La Scala, Senior Partner La Scala Società tra Avvocati

 

Il decreto n. 150 del 24 ottobre 2023 del ministro della Giustizia, di concerto con il ministro delle Imprese e del Made in Italy (pubblicato il 31 ottobre sulla Gazzetta Ufficiale), ha stabilito che – per erogare formazione ai mediatori – un ente debba possedere, tra i requisiti di serietà, quello di dedicarsi in via esclusiva a tale attività.

 

Il che equivale a ritenere che chi, invece, propone un’offerta didattica in più ambiti, non sia affatto “serio”. Dunque, le grandi università nelle quali convivono numerose facoltà, piuttosto che gli organismi di formazione che utilizzano, in diverse materie, metodologie di apprendimento all’avanguardia e schierano un corpo docente di qualità che si arricchisce nel confronto interdisciplinare, non dovrebbero entrare nel settore, a meno che non creino una scatola ad hoc nella quale organizzare la loro riserva indiana per mediatori.

 

Risposta a dir poco elusiva che meriterebbe – peraltro – una norma “ingenua”. Le cui ragioni sappiamo benissimo dove risiedono: nell’aggiungere un ulteriore mattoncino nella muraglia a difesa dell’attività riservata (o para- riservata).

 

E facendo finta di non accorgersi che, tuttora, il livello di molti organi di mediazione e di altrettanti mediatori non è accettabile per chi crede che questo strumento debba e possa dimostrare ancora la sua effettiva utilità.

 

E non nella semplice deflazione del carico dei tribunali, ma nella ricerca di una ragionevole e rapida composizione delle liti, senza alcun bisogno del ricorso all’autorità giudiziaria.

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