Lina Peak: il Grattacielo di Zermatt che Rivoluziona l’Idea di Villaggio Alpino

Una valle che respira ghiaccio e legno. Una silhouette che sale oltre i tetti di Zermatt e sfida l’occhio abituato alle baite. Lina Peak promette un villaggio verticale. Non un gesto isolato, ma una domanda aperta: cosa succede quando l’Alpe incontra l’idea di città?

Zermatt e la sua identità

Zermatt vive di misura e silenzio. Case basse. Tetti scuri. Strade pulite e quasi solo mobilità elettrica. La vista scivola sul profilo del Cervino e si ferma lì, come succede da sempre. Poi arriva un’ipotesi. Una torre. Un segno netto nel vuoto del cielo. Il cervello fa resistenza, il cuore è curioso.

Perché una torre a Zermatt?

Perché una torre qui? Perché cresce la domanda di turismo e di case. Il suolo è scarso. La valle del Mattertal è stretta. I costi costruiti sono elevati. Densificare in alto limita il consumo di suolo e riduce spostamenti orizzontali. Zermatt supera i due milioni di pernottamenti annui in periodi pre‑pandemici (fonte: Zermatt Tourism). La pressione esiste. La pianificazione svizzera la misura da anni con politiche di “sviluppo centripeto” (fonte: ARE/UFSP).

Lina Peak: il grattacielo di Zermatt

E qui entra il nome che divide e attrae: Lina Peak, il cosiddetto grattacielo di Zermatt. L’idea parla di una torre mista: residenze, ospitalità, servizi. Un “villaggio” che si stende in verticale, fino a circa 260 metri di altezza. Per capire la scala: in Svizzera oggi l’edificio più alto è la Roche Turm 2 a Basilea, 205 m (fonti: CTBUH, F. Hoffmann‑La Roche). A 260 m Lina Peak sarebbe un unicum nazionale. Non un “supertall” in senso CTBUH (soglia 300 m), ma un salto culturale netto per le Alpi.

Il progetto Lina Peak

Cosa dire di ufficiale? Al momento non risultano pubblicati dossier tecnici o atti approvati accessibili al pubblico su piano regolatore e caratteristiche costruttive del progetto. Manca quindi conferma su committenza, ingombri, materiali, impianti. Va considerato un concept in valutazione. Qualunque avanzamento richiederebbe iter complessi: studi d’impatto, pareri cantonali, vincoli paesaggistici federali, e con buona probabilità un passaggio democratico locale. È la prassi in Vallese, ed è una garanzia.

Una torre alpina: non un “non‑luogo”

Qui il punto diventa interessante. Una torre alpina non è un “non‑luogo” se disegna relazioni. Facciate che schermano il vento. Terrazze che ospitano verde autoctono. Spazi di quartiere sospesi. Mix d’uso che riduce la necessità di muoversi. Se le tecnologie funzionano, si può puntare a energia rinnovabile con pompe di calore, recupero termico, fotovoltaico integrato, gestione dell’acqua di fusione. Non è marketing: sono soluzioni già operative in quota su alberghi e infrastrutture svizzere. Qui andrebbero portate a scala.

Dati, vincoli, scenari

Contesto climatico: temperatures in aumento e innevamento più incerto. L’architettura deve consumare meno e adattarsi meglio (fonte: MeteoSvizzera). Paesaggio: l’impatto visivo su un’icona come il Cervino chiede studi seri di “visual impact”. Non bastano render patinati. Mobilità: Zermatt è car‑free. Una torre centrale vicino alla stazione ridurrebbe navette e tempi morti. Ma scarichi e logistica vanno calibrati sul tessuto fine del paese. Altezza: 260 m implicano gestione vento, ghiaccio, sicurezza antincendio in condizioni alpine. La normativa svizzera è severa. Bene così.

Immaginando il futuro

Non ho un aneddoto da rifilare. Ho però un’immagine. Una sera d’inverno, il paese rallenta. Le luci dei rifugi disegnano punti fermi sul versante. Immagino un faro urbano discreto che non ruba la scena alla montagna, ma la “lega”. È possibile? La tecnica dice sì, la governance dice “con calma”. La vera domanda resta nostra: quanta architettura alpina possiamo spingere in verticale senza perdere l’orizzonte interiore che ci porta qui?

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