Ip, una valorizzazione e una tutela per le aziende italiane

Milano 27 Ottobre 2022

Investimenti in crescita per il 2022, in ambito di Intellectual Property (IP). A farla  da padrone con l’80% di nuove registrazioni sono i marchi di impresa specificatamente nei settori:  fashion/luxury, food e drink, seguono con un sensibile distacco, ma comunque con una curva al rialzo, gli  investimenti su know-how non brevettato (nei mercati automotive, food e farmaceutico/life science, 43%). Si  aggiungono poi le innovazioni brevettate di automotive e industria (40%), chiudono le acquisizioni/licenza di  titoli di IP di terzi nel farmaceutico/life science (33%), e l’industrial design registrato nel settore fashion e  automotive (25%).  

Sono i dati emersi dall’Osservatorio IP 2022, una indagine fra oltre 40 imprese italiane, condotta dal Centro  Studi TopLegal con il supporto dello Studio Legale Trevisan & Cuonzo. Emerge che negli ultimi 10 anni, in  media le aziende rispondenti sono state maggiormente attive nel deposito di marchi di impresa e modelli di  design, a fronte di un sensibile calo dei contenziosi: nel campione esaminato, in media le singole aziende sono  state coinvolte in 15contenziosi in materia di marchi, 3 su brevetti e uno solo in materia di design. 

In cifre, una azienda su due, stanzia un budget per le attività di acquisizione e gestione di titoli di IP di oltre  150 mila €: in testa con oltre 500 mila euro, per il 25% del campione di aziende considerate, gli investimenti  si attestano nei settori farmaceutico e automotive , seguono con 300 e 500 mila euro il fashion (18% del  campione) mentre il 10% delle aziende investe in generale fra 150-300 mila euro.  

Dall’indagine si evince, inoltre, che la percentuale del budget utilizzata per l’assistenza legale esterna in  materia di IP è in media superiore al 58% dove la metà delle aziende intervistate utilizza circa il 50% del  budget complessivo per la consulenza specifica. Nel dettaglio: il 50% delle aziende ricorre a consulenze esterne  in ambito di fashion (18% del campione esaminato), il 60% nel luxury, food (8%), il 70% per consumer goods  (10%), l’80% per l’automotive (15) e il 100% per consulenze in ambito life sciences e industria (5%). Cresce  proporzionalmente anche la considerazione verso l’IP: le aziende mostrano in generale, un atteggiamento  proattivo: il 95% lo considera un “mezzo” di valorizzazione e tutela preventiva degli asset intangibili per la  propria impresa, rivolgendosi al consulente brevettuale a/o al legale esterno per una consulenza strategica, solo  il restante 5% dimostra reattività verso l’IP, rivolgendosi al professionista per una assistenza specifica solo in  fase “patologica”, cioè di contenzioso.  

Qual è la percezione verso la domanda di servizi legati? Rasenta l’eccellenza: il 70% delle imprese considera  l’offerta completa e in grado di soddisfare tutte le esigenze di mercato, a fronte di un irrisorio 6% che dichiara  la nascita di nuove tendenze del mercato, quali digitalizzazione e intelligenza artificiale poco esplorate, al pari  della necessità che gli studi interpretino meglio le attuali esigenze di mercato così da farne un vantaggio  competitivo, in particolare in termini di sostenibilità/brand engagemnts, e ancora la presenza di aree poco  presidiate che invece offrono opportunità di sviluppo e fra queste il digital pharma.  

“Dall’indagine – dichiara Gabriel Cuonzo, Managing Partner dello Studio Legale Trevisan & Cuonzo – si  evince che l’assistenza del professionista brevettuale o legale diventa necessaria (nell’88% dei casi) in presenza  di contenziosi, o per la consulenza di marchi e brevetti, con una percentuale del 73%, e solo in misura minore  per questioni di contrattualistica (25%). Solo nel 23% delle circostanze i soggetti dichiarano di rivolgersi a un  professionista esterno per insufficienza delle risorse interne”. 

In relazione ai criteri di scelta risulta che le imprese hanno un forte bisogno di risposte rapide, frutto di elevata  competenza e alto valore qualitativo, emerge tuttavia anche un bisogno latente di sicurezza nelle scelte, ovvero  la credibilità e l’autorevolezza dei consulenti rappresentano dei fattori importanti, quale aspettativa di valore  aggiunto. 

Tra i punti di forza più apprezzati nell’ambito dei servizi IP, per il 45% del campione vi è una preferenza per  la boutique specializzata integrata che fornisce oltre ai servizi legali, anche attività di consulenza, deposito e  prosecuzione brevetti e marchi. Segue il dipartimento IP di uno studio full service che fornisce anche attività  di consulenza (23%), poi gli studi legali specializzati (18%) e quindi il dipartimento IP di uno studio legale  full service (15%). 

“La possibilità di migliorare il servizio – aggiungono Daniela Ampollini e Lorenzo Lualdi, Partner dello  Studio Legale Trevisan & Cuonzo – è il driver principale al cambiamento: competenza specifica (79%),  tariffe migliori, più basse (55%) e maggiore qualità (55%) sono le principali leve e le caratteristiche  determinanti cui seguono il rapporto fiduciario (48%), la ricerca di un unico interlocutore (24%) e il  passaparola e/o le referenze dello studio (12%). In buona sostanza dall’indagine si può desumere che l’Ip è il  termometro dell’attività R&D delle imprese. La pubblicazione di analisi statistiche del settore ha il merito di  accendere i riflettori su un aspetto della vita delle imprese non ancora molto conosciuto e investigato. Il numero  e la qualità di brevetti depositati sono un ottimo indicatore del livello di innovazione del tessuto industriale  italiano”. 

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