DLA Piper: dopo COP26 fondamentale la collaborazione tra pubblico e privato

La collaborazione tra pubblico e privato è uno snodo fondamentale per raggiungere gli obiettivi stabiliti da COP26; per raggiungere questo scopo è necessario che ogni singolo Stato attui piattaforme e programmi che consentano di sfruttare i finanziamenti pubblici e privati volti a concretizzare la carbon neutrality.

È questo uno degli aspetti emersi dall’incontro organizzato da DLA Piper Il mondo dopo COP26: strategie del governo e delle imprese per promuovere la spinta verso il Net Zero e la neutralità carbonica.

“L’Italia gioca un ruolo chiave nella spinta verso il Net Zero soprattutto per la sua cultura e competenza a tutti i livelli: imprese, politici, istituti finanziari, mondo accademico, avvocati, giornalisti, ognuno può dare il proprio contributo”, dichiara Wolf Michael Kühne, Country Managing Partner di DLA Piper Italia. “In questo contesto non va dimenticato il ruolo dei giovani, che non essendo in politica non hanno potere decisionale, ma sono e saranno i più interessati da queste scelte. Questo momento di confronto intende, dunque, contribuire alla costruzione della fiducia e di un senso di responsabilità verso le comunità in cui viviamo, che riteniamo essere un tassello fondamentale.”

L’incontro, introdotto da Jean-Pierre Douglas-HenryManaging Director, Sustainability and Resilience, DLA Piper, ha visto figure di spicco del mondo istituzionale e delle imprese confrontarsi sugli scenari emersi dalla COP26 su una tematica, quella della decarbonizzazione, nella quale lo studio legale ha ormai da tempo intrapreso una precisa politica interna che porterà a completare il processo di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili dal 61% attuale al 100% entro il 2030.

Il primo panel ha affrontato la questione da un punto di vista politico, attraverso il confronto tra l’Onorevole Alessia Rotta, Rapporteuse per il Parlamento Italiano a Glasgow durante la COP26, Nathalie Tocci, Direttrice dell’Istituto per gli affari internazionali, e Barbara Pozzo, Ordinario di diritto comparato e Observer di COP26 per Fondazione Lombardia per l’Ambiente. Indagando i possibili percorsi collettivi da intraprendere per l’azione sul clima fino al 2050, hanno sottolineato come la politica climatica e le relazioni internazionali stiano intessendo un rapporto sempre più stretto di vicendevole influenza, nel quale è necessario tenere in considerazione il divario tra Stati Uniti e Cina quale elemento critico che renderà i negoziati climatici sempre più politicizzati. Anche la tassonomia UE ricopre un ruolo centrale nel dibattito, in cui si è riconosciuto il ruolo che ricoprirà nello stimolare la finanza privata e la necessità di una più forte azione dell’Unione Europea a livello globale, in particolare attraverso un accordo con gli Stati Uniti.

Nathalie Tocci, Direttore, Istituto Affari Internazionali ha inoltre sottolineato che “Durante COP26 è emersa ancora una volta la distanza tra Paesi sviluppati ed emergenti quale tema sempre più forte di giustizia climatica. A livello di emissioni attuali, infatti, la Cina è responsabile di circa il 27-28%, gli Stati Uniti intorno al 14%, l’Unione Europea sotto l’8%, tutto il continente africano meno del 4%. Si tratta però in prima istanza di un tema di accesso all’energia, piuttosto che di decarbonizzazione, infatti nel mondo 800 milioni di persone ne sono escluse, 600 delle quali si trovano in Africa.”

Un altro punto di crescente attenzione emerso nel panel riguarda il ruolo delle ONG nella lotta al cambiamento climatico, dove si osserva una crescente incidenza dei casi di climate change litigation che sempre più, grazie alla capacità delle associazioni di fare network oltreconfine, mettendo in comune esperienze, metodi e risultati, portano casi nazionali ad avere un impatto a livello internazionale. Questo, in una certa misura, vincolerà gli Stati a dover rendere conto dei progressi rispetto agli impegni presi a COP26.

Il secondo panel ha portato il punto di vista delle imprese, attraverso gli interventi di Silvia Candiani, CEO di Microsoft Italia, Nicola Lanzetta, Direttore Italia di Enel Group, e Elena Flor, Head of ESG & Sustainability di Intesa Sanpaolo, che hanno tracciato i confini del ruolo delle organizzazioni, anche riguardo il loro impatto su mercati e investitori, per una transizione equa e sostenibile. È emerso che per realizzare la transizione sono necessari 3 aspetti: tecnologia, investimenti e permitting e proprio su quest’ultimo restano le maggiori difficoltà in Italia.

Nicola Lanzetta, Direttore Enel Italia, ha evidenziato: “Nel nostro ultimo piano strategico abbiamo triplicato gli investimenti in Italia per la transizione energetica puntando su tre linee di azione: sviluppo di nuova capacità rinnovabile, reti intelligenti ed elettrificazione dei consumi. Sono soluzioni indispensabili per l’ambiente e in grado di generare vantaggi economici per tutti, imprese, clienti e Paese. Per accelerare questo processo è opportuno semplificare gli iter autorizzativi e superare procedure complesse che oggi rallentano in particolare lo sviluppo delle rinnovabili”.

Nel contempo, fondamentale per un’azione concreta nel raggiungimento della decarbonizzazione è l’aspetto della misurazione, evidenziando in particolare la necessità di uno standard condiviso per il carbon accounting. Infine, si è sottolineato il ruolo fondamentale degli istituti finanziari nell’accompagnare le imprese piccole e medie in questa transizione.  

Elena Flor, Responsabile ESG & Sustainability Intesa Sanpaolo ha dichiarato: “Intesa Sanpaolo si è impegnata a ridurre a zero le emissioni nette entro il 2050 e questo vuol dire non solo lavorare sui propri consumi ma soprattutto sostenere e agevolare la transizione ecologica dei clienti. Lo facciamo attraverso plafond dedicati come quello per l’economia circolare ma anche con finanziamenti agevolati per le imprese al raggiungimento di obiettivi esg prestabiliti. Nell’arco del PNRR metteremo a disposizione 76 miliardi di euro per la green e circular economy. Al sostegno finanziario si aggiungono percorsi di formazione per le PMI con laboratori esg e piattaforme digitali progettati per favorire il cambiamento culturale, soprattutto nelle PMI, che spesso deve partire proprio dalla definizione di un piano di sostenibilità. Intesa Sanpaolo vuole ricoprire un ruolo di rilievo nello sforzo collettivo per il contrasto al cambiamento climatico”.

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